
31 Gen PerchÈ i campi per rifugiati sono in lockdown?
Una settimana fa il campo di Katsikas si è svegliato con i cancelli sbarrati e circondato dalla polizia: nessuno poteva uscire. Ufficialmente è una misura per impedire la diffusione del Covid-19, ma nessuno nel campo ha contratto il virus.
«Dicono che è perché c’è il coronavirus in città, ma io non ci credo», ci ha detto un residente.
Intanto nel paese accanto al campo e nella città che dista pochi km le misure sono molto più moderate: a Ioannina, dove ci sono diversi casi confermati, ci si muove liberamente; nel campo di Katsikas, dove non c’erano casi, più di 1000 persone sono state confinate in uno spazio grande quanto qualche campo da calcio. Ieri il lockdown è stato prolungato di altri 11 giorni.
Fin da marzo i campi profughi sono stati tenuti in quarantena arbitraria. Mentre a maggio le restrizioni venivano allentate nel resto del paese, i campi sulle isole rimanevano in lockdown totale, che si è protratto fino a settembre anche se non c’erano casi accertati.
Le autorità hanno offerto solo scuse incoerenti: sostenevano che le restrizioni servono a proteggere i profughi, ma intanto chiudevano l’unica clinica Covid accessibile ai profughi a Lesbo mentre permettevano ai turisti di godersi le vacanze estive in Grecia.
Il Covid viene usato per giustificare pesanti limitazioni alla libertà dei profughi: è una detenzione mascherata da protezione. Il campo di Katsikas è un caso esemplare: il giorno dopo l’annuncio di questa arbitraria quarantena, le autorità hanno trasferito 13 nuovi arrivati dentro al campo senza testarli. Solo dopo che sono stati alloggiati in spazi condivisi uno di loro è risultato positivo.
Ai residenti del campo viene impedito di uscire o di vedere visitatori perché si ritiene che il campo sia un’area ad alto rischio per la diffusione del Covid, ma nuovi arrivati non testati si trasferiscono in mezzo agli altri. È assurdo, ed è chiaro che limitare la diffusione del Covid non è la priorità.