Sul senso della famiglia, in tempi difficili

Sul senso della famiglia, in tempi difficili

Se c’è una cosa positiva di questa pandemia è che la quarantena ci ha fatti avvicinare ancora di più: ha agito in un certo senso come un livellatore di esperienze umane condivise. Questo non vuol dire che sia stata uguale per tutti, al contrario, ma ci siamo trovati nella condizione di avere un’esperienza simile al quella della narrazione globale, e questo l’ha arricchita di significato. Man mano che in tutto il mondo venivano annunciate le misure di confinamento, le persone si sono trovate improvvisamente sole: separate dai loro cari, anche solo a distanza di qualche isolato.

Vi ricordate quanto erano dure le giornate quando l’unica cosa che volevate era vedere le persone amate? Vi ricordate come vi siete sentiti a dover festeggiare un momento importante su Zoom? Quante volte vi siete chiesti se e quando li avreste visti di nuovo?

Ora immaginate che questa quarantena vada avanti per cinque anni: quanto sarebbero intense queste sensazioni? Ecco, purtroppo questa è spesso la vita di un profugo. I profughi vivono restrizioni simili a quelle di questa quarantena dal giorno in cui sono fuggiti dal loro paese.

Oggi, nella Giornata Internazionale della Famiglia, vogliamo festeggiare l’importanza della famiglia, in qualunque maniera voi vogliate definirla. Tutti noi abbiamo sperimentato il dolore e la solitudine che derivano dall’essere separati dai nostri cari; la sensazione di impotenza quando non abbiamo potuto essere presenti per loro.

Oggi, ci riuniremo con i nostri cari, che ci inonderanno di amore e di attenzioni, e non daremo per scontato il tempo che possiamo passare con loro.

Le guerre costringono le persone a fare scelte disperate. Molti devono scegliere chi parte e chi resta. Le famiglie vengono spesso divise da confini che rimangono chiusi per loro, che ci sia o meno una pandemia globale. In questo momento più di 70 milioni di profughi non possono ricongiungersi con le proprie famiglie.

Questa è stata la vita di Mohammed e di sua moglie, due dei primi residenti del campo di Katsikas. Dopo aver vissuto per un anno in una tenda hanno potuto trasferirsi in un alloggio a Ioannina. Mancava, però, qualcosa di fondamentale: il loro figlio era in Germania. Finalmente, dopo due anni e mezzo di attesa, gli è stato detto che potevano riunirsi. Quando hanno sentito le notizie hanno fatto subito le valigie: i loro voli erano appena una settimana dopo. Ora, in una piccola città della Germania meridionale, possono finalmente riassaporare la vita di famiglia. Sono tra i fortunati.

Il riavvicinamento familiare è un percorso legale fondamentale per i profughi, perché permette a madri, padri, fratelli, sorelle, coppie e partner di riunirsi. Sappiamo che i tempi sono duri per tutti in questo momento, ma mentre le cose migliorano per noi, non dimentichiamoci di quelli che sono stati lasciati indietro.

Approfittiamo di questa esperienza condivisa, di questa rinnovata percezione dell’importanza di essere insieme, di condividere, per dare una mano a coloro che vivono una vita che non tornerà alla normalità con la stessa facilità.

Se volete aiutarci a fornire supporto ai rifugiati grazie alle nostre attività, potete donare qui.